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Traduzione giurata: quando è necessaria e chi può effettuarla?

La traduzione giurata è una traduzione di un documento che mantiene il proprio valore legale anche nella propria versione tradottaIl moltiplicarsi di rapporti commerciali e giuridici a livello internazionale ha reso sempre più spesso necessaria la traduzione di documenti che possano fungere da riferimenti legali in due paesi contemporaneamente, quindi la traduzione giurata o asseverata è diventata praticamente indispensabile.

Francesco Urzì: quel che le grammatiche non dicono

La passione per le lingue di Francesco Urzì è sbocciata molto presto e l’ha portato decisamente lontano: laureato in glottologia, per trent’anni è stato traduttore al Parlamento Europeo (dopo aver imparato appositamente l’olandese) e questa esperienza, sommata a un metodo appreso fin dall’infanzia, l’ha spinto a compilare il Dizionario delle combinazioni lessicali, uno strumento imprescindibile per qualsiasi traduttore. Inoltre è stato coordinatore per le tecnologie CAT al Parlamento Europeo, e oggi si dedica a dare conferenze in tutto il mondo sulla traduzione e dintorni.

TradPro 2018 – Una giornata di formazione e networking per traduttori e professionisti delle lingue ha condiviso con noi la sua lunga e ricchissima esperienza e ci ha spiegato quel che le grammatiche non dicono, fornendoci gli strumenti giusti per riuscire in una delle imprese più complesse e sempre più richieste per i traduttori e tutti i professionisti delle lingue: la concisione.

In questa intervista ripercorre con noi le tappe fondamentali della sua carriera, regalandoci spunti, consigli utili… e una buona dose di passione inestinguibile.

Dalla laurea in glottologia, all’approdo nell’équipe di traduttori del Parlamento Europeo, alle tue innumerevoli esperienze nell’abito della terminologia e della linguistica: come è nato e cresciuto il tuo amore per le lingue, e in particolare per quella italiana?

Fin da ragazzo ho avuto una particolare passione per le lingue. Ricordo che in prima media, alla fine dell’anno scolastico, il professore di italiano e latino diede come compito per le vacanze l’apprendimento a memoria delle traduzioni dei vocaboli latini contenuti nel mini-dizionarietto che figurava in appendice alla nostra grammatica. Al ritorno dalle vacanze scoprii che ero stato il solo a prendere sul serio il professore e a memorizzare gli oltre 1000 vocaboli del dizionarietto! Gli studi di glottologia all’università di Messina sono stati, almeno sul piano teorico, il coronamento di questa mia passione, tanto che la mia tesi ha riguardato … l’aoristo sigmatico in sanscrito! Successivamente ho seguito con attenzione le vicende dei servizi linguistici della Comunità europea e, avendo appreso che l’olandese – una delle lingue degli Stati fondatori della Comunità europea – era ancora molto richiesta e forte delle mie conoscenze linguistiche generali, ho potuto apprendere questa lingua in tempi relativamente brevi. La scelta si è rivelata vincente.

Nel 2009 hai pubblicato il primo Dizionario delle combinazioni lessicali della lingua italiana (che gli iscritti a TradPro potranno acquistare con un codice sconto).Puoi spiegarci di cosa si tratta e come si è svolto questo lavoro così lungo e complesso?

Anche qui un riferimento alla mia infanzia è d’obbligo. Mio padre soleva raccogliere in un’agenda citazioni, detti e frasi celebri, alcune delle quali sottolineava con aggiunta di commenti propri. Una volta assunto al Parlamento europeo come traduttore feci qualcosa di simile. Riempivo una scheda ogni volta che imbattevo in una combinazione di parole (combinazione lessicale, appunto) o un frasema che avrebbe potuto essermi utile in seguito. Dopo 10 anni lo schedario riempiva già un intero armadietto con sei lunghi cassetti metallici. Questo ha costituito il nucleo del Dizionario delle Combinazioni Lessicali. Per la compilazione del DCL ho dovuto poi effettuare anche uno spoglio manuale di quasi tutti i dizionari esistenti all’epoca e, in fase di revisione, ho aggiunto molto materiale tratto dal web (allora non c’era Google ma solo Altavista, che però offriva un numero di operatori booleani decisamente superiore). La scelta delle “collocazioni” si deve al fatto che una delle cose che fanno perdere tempo al traduttore è proprio la ricerca del verbo o dell’aggettivo combinabile con un nome. Pensate alle risoluzioni del Parlamento quando esprime una ferma o dura condanna per l’operato di questo o di quello, o a certi testi giuridici in cui si afferma che l’arbitrato è stato esercitato conformemente agli standard delle Nazioni Unite. Questa esigenza era stata sempre ignorata dai dizionari tradizionali, che al massimo proponevano qualche riquadro terminologico per alcune voci selezionate. Alla pubblicazione del DCL è seguita nel giro di poco più di quattro anni quella di altri quattro dizionari di collocazioni, anche se ciascuno con una diversa impostazione teorica.

Sei stato coordinatore di Unità per le tecnologie CAT al Parlamento Europeo, quindi non puoi sottrarti alla domanda da un milione di dollari: nel prossimo futuro la tecnologia prenderà il sopravvento sui traduttori umani o c’è ancora qualche speranza?

Le tecnologie CAT hanno a mio parere segnato una vera e propria rivoluzione per il traduttore, paragonabile all’avvento del word processing nell’epoca delle macchine da scrivere. La traduzione automatica (ora integrabile con le tecnologie CAT) ha fatto passi da gigante con i recentissimi sistemi “neuronali”, come il sistema tedesco Deep-L. A mio parere, dopo una inevitabile fase di transizione, assisteremo a una ulteriore specializzazione del lavoro di traduzione, con la comparsa di una nicchia di mercato riservata alle traduzioni di alta qualità, che farà convergere progressivamente la translation verso la transcreation. Ci sarà naturalmente molto maggiore spazio per l’editing e il post-editing. Tutto dipenderà dalla capacità dei committenti di comprendere appieno il valore aggiunto rappresentato dall’efficacia della comunicazione.

A TradPro 2018 terrai un intervento dal titolo Quel che le grammatiche non dicono, in cui spiegherai come utilizzare la lingua italiana per raggiungere l’obiettivo della concisione, così importante nella comunicazione di oggi. Cosa può fare secondo te un traduttore o comunicatore per allenare la propria dimestichezza con le infinite risorse della nostra lingua?

La risposta è una sola: i corpora di testiCon i corpora siamo in grado di “intercettare” in itinere lessemi e costrutti che le grammatiche tradizionali o i dizionari non registrano ancora, ma sono di uso comune. Non a caso Tullio De Mauro ha intitolato la propria opera “Grande Dizionario di italiano dell’usoA mio parere ogni traduttore dovrebbe sfruttare al massimo i corpora esistenti, che ci danno la fotografia della lingua reale di oggi anche in rapporto alle varie tipologie testuali. Naturalmente sono da considerare corpora a tutti gli effetti anche Google (e altri browser meno noti come Exalead e QWant). Si tratta di strumenti potenti che, se utilizzati con giudizio, permettono di individuare o verificare le nuove tendenze della lingua a livello lessicale, grammaticale, sintattico e testuale.

Oggi molti giovani traduttori desiderosi di lavorare in un ambiente multiculturale (e anche un po’ spaventati dalla prospettiva di una vita freelance) ambiscono a entrare nell’organico di qualche istituzione. Che consigli ti senti di dare loro, alla luce della tua esperienza professionale al Parlamento Europeo?

Quello di traduttore nelle Istituzioni europee è uno dei pochi posti rimasti in cui la figura del traduttore beneficia di un pieno riconoscimento. Purtroppo l’ente europeo preposto alle assunzioni – EPSO – ha deciso da tempo di effettuare le selezioni preliminari sulla base di quiz di tipo logico-matematico, che richiedono l’intervento di un diverso emisfero del cervello… Il consiglio che posso dare al riguardo è che tutto è “allenabile”, anche la velocità richiesta per l’esecuzione di questo tipo di prove. Anche per le prove di traduzione vere e proprie che seguono alla fase di selezione preliminare, occorrerà sviluppare una certa rapidità di esecuzione, per cui, come leggo nella vecchia agenda paterna “si eserciti presto, chi vuol esser maestro”.

Foto GdT 2017Laureato in Glottologia, Francesco Urzì ha svolto per oltre trent’anni l’attività di traduttore al Parlamento Europeo. È autore del Dizionario delle combinazioni lessicali, oltre che di diversi articoli di linguistica e traduttologia, e tiene regolarmente seminari e conferenze presso importanti sedi universitarie e professionali. È socio di Euralex, di Ass.I.Term e della Società di linguistica italiana.

Mi oppongo, vostro onore! (ovvero, perché non mi vergogno di tradurre bestseller)

Qualche giorno fa, parlando con una collega, ci siamo trovate immerse in una discussione vecchia come il cucco: la collega raccontava di un messaggio in cui si era imbattuta in non so quale social. Nel messaggio, un giovane aspirante traduttore sosteneva che fosse inutile cercare di diventare traduttori editoriali, perché tanto il mercato della traduzione è marcio e i libri importanti vengono assegnati sempre ai soliti noti. Ora, potremmo discutere per ore del buco nero di nonsense creato dalla sola idea di parlare di traduttori e notorietà nella stessa frase (come diceva l’argutacollega® in questione, già solo pensarci fa scoppiare il cervello), e potremmo parlare per ore anche dell’idea di un mercato editoriale non meritocratico che va avanti a raccomandazioni e spintarelle, manco fossimo tutti olgettine che aspirano a entrare in Mediaset. I due argomenti meriterebbero post dedicati, anche perché queste recriminazioni sono un po’ come l’uovo e la gallina: è nato prima il giovane traduttore che accusa i vecchi di monopolizzare il mercato o il vecchio che accusa il giovane di non riuscire a farsi strada e di prendersela con chi non c’entra nulla?

I libri importanti, la merda, i corgi

Ma non è di questo che voglio parlare oggi. Perché di quella frase mi ha colpito soprattutto l’accento messo da quel ragazzo sull’impossibilità di raggiungere i “libri importanti”.  Magari, sembrava sottintendere la sfuriata, è pure possibile tradurre quelli meno importanti,  ma che ce frega? I capolavori sono tutti presi, i romanzi profondissimi sono già assegnati, a noi ce rimane la merda (c’è chi l’apprezza, poi, oh).
Mi sono chiesta allora se sia veramente brutto o disdicevole o addirittura umiliante tradurre libri che non facciano arrivare l’autore a due passi dal Nobel, che non finiscano tra le mani di un intellettuale barbuto che li rileggerà per la sessantaseiesima volta con la pipa in bocca e i piedi poggiati su un Welsh corgi disteso davanti al caminetto.
Insomma, in due parole: noi che traduciamo libri “di consumo” siamo davvero traduttori di serie B? Dovremmo forse vergognarci di quello che facciamo?
Ovviamente non ce l’ho con quel ragazzo in particolare: una volta ero come lui. Anzi, ero proprio lui. Quando ho cominciato a tradurre non mi sono posta neanche il problema di voler tradurre libri importanti. Davo per scontato che sarebbe successo. Per me l’equazione era piuttosto semplice: traduttore editoriale uguale intellettuale uguale letterato uguale alta letteratura. Tutto il resto era robaccia buona per foderare la gabbietta dei criceti.

Il lavoro nobilita l’uomo (e la donna)

Poi, vedete, ho cominciato a lavorare. Ed è quando la traduzione smette di essere un mito e diventa un lavoro vero,forse, che la prospettiva cambia. Perché a quel punto mi hanno offerto un horror per ragazzi. E poi un romanzo d’amore. E un thriller. E infine quello che mi è più  caro, quello che guardo con più indulgenza (ma anche, sì, un po’ di bonario “ma che cazzo dici??”): il BESTSELLERONE. Il romanzo da ombrellone, il libro da mille milioni di copie vendute pure in Uganda che prevede intrighi e sparatorie, studiosi americani con la barba sfatta e cardinali corrotti che parlano con la bocca piena de salame, e che a un certo punto (non ve lo aspettereste mai proprio mai!) ci svela che IN VATICANO C’È UN TERRIBILE SEGRETO!!
Mi sono confrontata con la persona che ero  un tempo e mi sono chiesta se a oggi mi imbarazzi tradurre libri del genere.
La risposta ovviamente è no.  Al di là delle ovvie considerazioni sul fatto che tradurre non è una missione, è un lavoro, e che quindi a volte può piacerci e a volte ci piacerà meno (a qualcuno è toccato ritradurre il Mein Kampf, non sarò certo io a lamentarmi perché i protagonisti del mio romanzo passano intere giornate a guardarsi nelle palle degli occhi), la verità è che ritengo che chi  snobba i bestselleroni guardi al problema da una prospettiva sbagliata (e del resto, come dice un’altra argutacollega®, il vantaggio dei libri di ampio consumo è che a differenza dei capolavori sono tanti, come le bollette).

I libri che la gente legge davvero

Al giorno d’oggi per me la narrativa di consumo equivale ai telefilm americani, e nei telefilm americani c’è sempre un avvocato che dice una cosa che io trovo illuminante.
Quando l’avvocato in questione viene assunto per difendere un efferato serial killer coprofago, un politico palazzinaro e mafioso e anche un po’ pelato, o comunque qualcuno con cui lo spettatore non può simpatizzare, un altro personaggio gli chiede se non si vergogni a difendere un uomo (o una donna) del genere. Al che l’avvocato si spolvera i pelucchi dal bavero della giacca, si liscia i capelli foltissimi, si erge in tutta la sua possanza statunitense e tuona: “Questa è l’America! Anche i delinquenti hanno diritto a un processo equo! Se ce ne dimentichiamo la giustizia è morta!”.
Ecco, io mi sento, nei confronti dei bestselleroni, come quell’avvocato si sente nei confronti dei suoi assistiti.  Sono cioè convinta che anche i libri poracci abbiano diritto a una buona traduzione.
Anzi, a maggior ragione ne hanno diritto: questi sono i libri, come mi ricorda ogni tanto Chiara, che la gente legge davvero. Per ogni quasi-Nobel che entra nelle case dei lettori forti accoccolandosi tra pile e pile di amici libri-importanti, ci sono almeno una cinquantina di TERRIBILI SEGRETI IN VATICANO!! che entrano nelle case di gente che normalmente legge poco o non legge affatto.
Mi chiedo quindi se noi che traduciamo questi romanzi non abbiamo forse una responsabilità ancora più grande di chi traduce il Nobel: perché in fondo noi entriamo in moltissime case,  ed entrando nelle case e nelle teste di chi normalmente non legge granché possiamo essere lo strumento che porterà quelle persone a leggere ancora, a leggere di più (senza contare che questi libri sono i guilty pleasures di molti di noi, non solo lo sfogo del lettore debolissimo che ha rotto la TV).

Libro cattivo o buon prodotto?

E badate bene: non parlo qui di libri brutti, mal scritti, impossibili da tradurre (perché quelli ci sono e sono faticosissimi e lo sappiamo). No, io parlo di libri discreti ma fini a se stessi, libri che sono considerati brutti perché non sono profondi, perché (torniamo all’inizio) non sono importanti.
Sono anzi spesso buoni prodotti, ben confezionati: e forse noi traduttori ce ne allontaniamo disgustati proprio perché non ci piace pensare che non tutti i libri con cui lavoriamo sono messaggeri di un cambiamento epocale, portatori di illuminazione per bodhisattva da biblioteca: a volte sono solo, appunto, un prodotto ben confezionato. Forse ci sembra che ammetterlo renda il nostro lavoro meno nobile. Ma di nuovo: io non ci trovo niente di poco nobile nell’accompagnare un non lettore nel mondo della lettura,  se anche per farlo dobbiamo immergerci nei TERRIBILI SEGRETI DEL VATICANO!!.
Questo post, insomma, è per tutti i colleghi che difendono il serial killer coprofago e il palazzinaro pelato, che portano in libreria i femminili, i thrilleroni, i bestselleroni, i giallacci e tutte quelle cose volatili e belle che non sembrano abbastanza importanti a chi comincia a lavorare, ma che a me, invece, col senno di poi, sembrano importantissime.

Traduzione letteraria dai tempi dell’URSS (2)

Velocità di traduzione
Naturalmente, le case editrici sovietiche, come tutte le altre imprese di quel tempo, erano piani di produzione. Ma, poiché gli editori non perseguivano l’ottenimento di profitti, le tempistiche assegnate per la preparazione di un libro erano indulgenti. La velocità non veniva impostata come attributo più importante. Ciò riguardava anche il tempo assegnato per la traduzione – non più di due pagine del testo originale (80 mila caratteri spazi inclusi) al mese.

Il mercato detta altre condizioni. Il processo di produzione editoriale, in generale, ha un corso più lungo: le questioni del diritto d’autore, di ricerca del traduttore, dell’artista, della traduzione in sé, dell’editing, dell’impaginazione, della stampa del libro. Più si protrae la preparazione di un libro per la pubblicazione, più tardi l’editore riceverà entrate da esso. Perché un libro possa essere redditizio, bisogna fare in tempo a pubblicarlo, mentre c’è interesse per quest’opera, per questo autore, per questo argomento o per questa serie.

È indicativo un racconto con Harry Potter. Gli ultimi libri della serie sono stati tradotti in brevissimo tempo – la casa editrice aveva fretta di raccogliere i profitti sull’onda della frenesia, nel mentre molti non avevano ancora letto la traduzione amatoriale sul Web. Il traduttore Sergei Ilyin, che ha lavorato alla traduzione della sesta e della settima parte, riporta che gli sono state assegnate tre settimane per tradurre metà del sesto libro e due per tradurre la metà del settimo (!). A causa della frenesia, i libri sono stati tradotti “in tandem” – metà è stata concessa a Ilyin, l’altra metà a Maya Lahuti. È positivo un lavoro del genere “a mosaico” per un libro? Ne dubito. Sulla settima parte dei libri di Harry Potter, Il’in ha lavorato dodici ore al giorno. E anche se il traduttore ammette che per le tempistiche “draconiane” è stato ricevuto pagamento adeguato, è molto dispendioso in termini di energia lavorare secondo questa modalità. Incrementa anche la probabilità di errori. In questo caso aumenta la responsabilità dell’editore, che dovrebbe notare tutti gli errori e le discordanze. Ma anche il suo lavoro è strettamente regolato dalle tempistiche.

 

Fonte: Articolo scritto da Ksenija Elagina e pubblicato il 25 gennaio 2018 su Tranzilla.ru

Traduzione a cura di:
Dott. Alessandro Nicolini
Traduttore freelance EN˃IT / IT˃EN e RU˃IT / IT˃RU
Socio IATI, n. tessera 1259

Tradurre o l’incontro tra culture

Impegnarsi a “cercare verso la civiltà le possibili vie di un ritorno alla politica, che la maggior parte delle società contemporanee sono venute a mancare, denunciare l’essenzializzazione delle culture, l’etnicizzazione e la comunitarizzazione della politica”. […], non si tratta forse di un obiettivo mobilitante per un’ambizione profondamente umanistica? La traduzione è una delle condizioni (necessarie ma non sufficienti) per superare il discorso identitario. Essa offre anche opportunità di confronto tra diverse realtà culturali e solleva una serie di questioni relative sia al funzionamento dei settori della produzione culturale che agli scambi  internazionali, questioni che troppo spesso vengono discusse oggi solo dal punto di vista della “globalizzazione” o ” mondializzazione”. Da qui l’interesse euristico di aprire “un nuovo campo teorico nella sua trasversalità e modalità di applicazione […..] per sviluppare una valida alternativa alle nozioni superate di “dialogo delle culture” o multiculturalità”. Abbiamo ora un insieme di riflessioni stimolanti che seguono approcci simili, come gli studi di traduzione e, soprattutto, gli studi sui processi di “trasferimento culturale”.

Come sottolineano Johan Helbron e Gisèle Shapiro: “Il campo di ricerca degli studi di traduzione, che è stato istituito a partire dagli anni ’70 in alcuni piccoli paesi, spesso multilingue (Israele, Belgio, Paesi Bassi), è diventato, almeno in alcuni luoghi, una specialità a sé stante, con le sue cattedre, l’insegnamento, i manuali e le riviste specializzate. Questo lavoro rappresenta un cambiamento nell’approccio adottato. Invece di comprendere le traduzioni solo o principalmente in relazione a un testo originale, un testo di partenza o una lingua di partenza, e di identificare attentamente le deviazioni la cui rilevanza dovrebbe poi essere determinata, gli studi di traduzione si sono sempre più concentrati su questioni che riguardano il funzionamento delle traduzioni nei loro contesti di produzione e di ricezione, cioè nella cultura di destinazione. È questa stessa questione del rapporto tra i contesti di produzione e di accoglienza che sta alla base degli approcci in termini di “trasferimento culturale”, che mettono in discussione anche gli attori di questi scambi, istituzioni e individui, e la loro inclusione nei rapporti politico-culturali tra i paesi studiati. »

Fonte : Articolo scritto da Jean-François Hersent e pubblicato nel giugno 2003 sul sito BBF (Bulletin des Bibliotèques de France)

Traduzione a cura di:
Ayoub Benzarti
Traduttore indipendente
Tunisi

Book Pride (Genova, 28-30/9)

Dal 28 al 30 settembre torna per la seconda volta a Genova, nella prestigiosa sede di Palazzo Ducale, Book Pride, la fiera nazionale dell’editoria indipendente organizzata da ODEI.

Vi segnaliamo alcuni incontri dedicati alla traduzione.

Venerdì 28 settembre

Ore 17: Parole viventi, Sala Liguria, a cura di Manni. Sguardi viventi — edoardo sanguineti. Edoardo Sanguineti è stato poeta, scrittore, traduttore, critico, politico, con incursioni nel teatro, nella musica, nelle arti visive; a Genova ha insegnato all’Università dal 1974 al 2000, ed è stato candidato sindaco nel 2006. Novissimum testamentum, del 1986, è stato uno dei primi titoli di Manni, che ha in catalogo altri sei libri di Sanguineti e con quest’incontro vuole ricordare la multiforme e sfaccettata personalità di uno dei più grandi intellettuali del Novecento. Con Marco Berisso, Giuliano Galletta, Erminio Risso ed Enrico Testa.

Sabato 29 settembre

Ore 12: Parole viventi, Sala Munizioniere, a cura di BOOK PRIDE. Lingua vivente — il francese. Ogni lingua è un animale. Qualcosa di vivo e in divenire, una sostanza selvatica che proviamo invano (per fortuna) a domare. Ad avere a che fare con questo animale sono tutte le persone che parlano e che scrivono. Tra queste, al traduttore letterario tocca il compito di percorrere quel ponte di corda che collega una lingua di partenza a una d’arrivo. A dialogare sulla vitalità e sulle peculiarità del francese letterario, Lorenzo Flabbi – traduttore, tra gli altri, di Annie Ernaux – e Gabriella Bosco – traduttrice, tra gli altri, di Philippe Forest. Con Gabriella Bosco e Lorenzo Flabbi. Modera Filippo D’Angelo.

Ore 18: Forme del male, Kids in the City, a cura di Meltemi. La verità vincerà di Luiz Inácio Lula da Silva. Primo presidente brasiliano di sinistra a cinquant’anni dalla destituzione forzata di João Goulart, capo dello Stato per due mandati consecutivi, primo ex presidente a finire in carcere per reati comuni. Luiz Inácio Lula da Silva – per tutti Lula – racconta le sue verità nel primo libro-intervista a essere tradotto in italiano. Dall’attività sindacale alla recente inchiesta Lava Jato, l’ex presidente brasiliano ripercorre la sua parabola politica e consegna alla storia la sua versione dei fatti. Con la traduttrice Ada Milani e Bruno Barba.

Ore 19: Parole viventi, Sala Storia Patria, a cura di BOOK PRIDE. Sguardi viventi — David Foster Wallace. Scomparso nel settembre del 2008, David Foster Wallace è probabilmente lo scrittore che più ha influenzato i narratori della sua generazione, lasciandosi percepire come una specie di fratello maggiore, qualcuno che a partire da un’intelligenza prodigiosa ha avuto la capacità di guardare il reale in tutta la sua strutturale complessità. A dieci anni dalla sua morte, BOOK PRIDE vuole ricordare l’autore di Infinite Jest e di Una cosa divertente che non farò mai più attraverso un dialogo che coinvolge Daniele Giglioli e Martina Testa, che di David Foster Wallace è stata traduttrice. Modera l’incontro Francesco Guglieri.

Domenica 30 settembre

Ore 12: Parole viventi, Sala Minor Consiglio, a cura di Il Canneto. Montale, L’oscura primavera di Sottoripa e Quaderno di traduzioni. Il legame con la Liguria – una terra che, logorata dal progresso e dall’inevitabile scorrere della vita umana, non è possibile rivivere se non attraverso i ricordi di gioventù – e quello con le letterature straniere: due punti di vista per raccontare il Montale uomo, oltre che il Montale poeta, con le sue umane contraddizioni e le sue passioni meno note. Con Bianca Montale e Stefano Verdino.

Ore 12: Parole viventi, Sala Munizioniere, a cura di BOOK PRIDE. Lingua vivente — l’inglese. Ogni lingua è un animale. Qualcosa di vivo e in divenire, una sostanza selvatica che proviamo invano (per fortuna) a domare. Ad avere a che fare con questo animale sono tutte le persone che parlano e che scrivono. Tra queste, al traduttore letterario tocca il compito di percorrere quel ponte di corda che collega una lingua di partenza a una d’arrivo. A dialogare sulla vitalità e sulle peculiarità dell’inglese letterario, Fabio Cremonesi – traduttore, tra gli altri, di Kent Haruf – e Martina Testa – traduttrice, tra gli altri, di Jennifer Egan e David Foster Wallace. Modera l’incontro Violetta Bellocchio.

Ore 14: Parole viventi, Sala Camino, a cura di BOOK PRIDE. Le molte vite del romanzo italiano — La narrativa italiana contemporanea: lingua, forme, immaginazione. La narrativa italiana contemporanea c’è, è presente, è articolata e complessa, eppure – come una voce alla quale viene dedicato poco o nessun ascolto – continua a essere solo relativamente percepita. Daniele Giglioli — critico letterario e docente di Letterature Comparate presso l’università di Bergamo — ed Enrico Testa — poeta e docente di Storia della lingua italiana presso l’università di Genova — dialogano su quell’organismo vivente, l’italiano letterario, composto di lingua e immaginazione. Modera l’incontro Filippo D’Angelo.

Ore 16: Parole viventi, Sala Storia Patria, a cura di L’orma. Il suono di una lingua magica: Acque strette di Julien Gracq. Presentazione in anteprima assoluta di Acque strette di Julien Gracq, finalmente tradotto in italiano dopo più di quarant’anni di esitazioni editoriali. È stato a questo breve libro che l’autore (in Francia considerato un maestro di stile alla pari di Camus e Proust) ha affidato le sue pagine più trasparenti e dense. Forse – in assoluto – le più belle. Cercheranno di districarsi in questa prosa lussureggiante e sorvegliatissima il critico e scrittore Filippo D’Angelo e il traduttore e editore del testo Lorenzo Flabbi.

Ore 17: Parole viventi, Sala Minor Consiglio, a cura di Sellerio. Una variazione di Kafka. La storia di un’ossessione da lettore che molto ci dice sul potere straordinario della letteratura e delle parole che la compongono. Il lettore è Adriano Sofri, il libro – anzi il racconto – è La metamorfosi di Franz Kafka. Sofri lo percorre da una lingua all’altra, da una traduzione all’altra, da una edizione all’altra, nel tentativo di risolvere il mistero di un errore di stampa troppo strampalato per non destare attenzione. Fino a convincersi che non è affatto un errore, ma una variazione voluta dallo stesso Kafka. Un giallo delle parole che è anche frammento autobiografico di Sofri. L’autore Adriano Sofri dialoga con Christian Raimo.

Ore 18: Futuro presente, Kids in the City, a cura di Safarà. Amatka di Karin Tidbeck. Adorata da Jeff VanderMeer, accostata dal Guardian a giganti della letteratura come Le Guin, Kafka e Borges, Karin Tidbeck ha scritto una distopia acuta e bizzarra, che evoca con precisione una realtà sempre più inquietante. Amatka è una storia che esplora le possibilità più estreme del linguaggio, un’indagine romanzesca sulla potenza creatrice della parola. La traduttrice ed editrice Cristina Pascotto dialoga con Violetta Bellocchio.

Programma completo.

 

Le insidie della traduzione letterale

Quanto spesso ti è capitato di leggere un libro di un autore straniero? Lo leggi in versione originale o tradotto nella tua lingua madre?  Hai mai pensato a quante opere letterarie sarebbero sconosciute ai più senza il lavoro dei traduttori, che aprono a tutti il mondo virtuale creato dalle pagine dei libri? La traduzione letterale è un arte; essendo creatività, è del tutto incompatibile con il letteralismo.  Quindi che cosa accade? Il traduttore si trasforma improvvisamente in un vero e proprio scrittore, con il compito di riscrivere il libro daccapo per i lettori della sua lingua. Ovviamente, senza il ‘dono dello scrittore’, questo compito non risulta semplice. Ecco perché i traduttori considerano questo tipo di traduzione una delle più difficili della professione. Non può essere paragonata ad una traduzione per delle trattative d’affari, dove le frasi ufficiali devono dare l’informazione che l’altra persona si aspetta. È diversa dall’interpretariato, dove è importante rispondere rapidamente con delle parole esatte, ma dove l’armonia della frase è un fattore secondario.  La traduzione letterale, in qualunque lingua, deve preservare interamente l’atmosfera della storia e lo stile dell’autore.

A proposito, ci hai mai pensato? Ogni volta che hai espresso la tua ammirazione verso uno scrittore straniero, stavi in realtà elogiando le capacità del traduttore che ha reso il testo nella tua lingua. Rendere il testo fruibile e interessante, conservare lo stile originale e rispettare l’idea dell’autore fanno parte delle abilità del traduttore. Ogni traduttore deve padroneggiare la teoria e la pratica della traduzione letterale per tutta la vita. Non è un mistero il fatto che la traduzione letterale abbia differenti caratteristiche e che nasconda, ovviamente, molte insidie.  Per prima cosa, la totale assenza di letteralismo. Questo tipo di traduzione non deve essere letterale e non deve avvenire parola per parola. Questo fattore è  da sempre causa di disaccordo tra studiosi e traduttori.

In secondo luogo, la traduzione di aforismi e frasi idiomatiche.  Anche se quest’ aspetto è in realtà meno complicato di quanto possa sembrare a prima vista, richiede un vocabolario vasto e la disponibilità di un dizionario specializzato. Un’altra insidia è l’uso delle parole per creare umorismo. La presenza di umorismo o ironia nel testo di partenza rende il processo di traduzione molto più interessante. Il traduttore deve essere abile a mantenere il tono ironico voluto dall’autore. Infine, un’altra insidia è la conformità di stili, culture ed epoche. In questo caso, il traduttore letterario si trasforma in ricercatore. Tradurre un testo di un’epoca o di una cultura diversa può risultare difficile se si ha una scarsa familiarità con esse. Il discorso non cambia: un buon traduttore deve avere talento. Perchè, senza talento, non riuscirà mai a creare dei testi che suscitino piacere e meraviglia nei propri lettori.

Fonte: Articolo scritto da Arsenii Shack e pubblicato nell’ottobre 2015 sul Translation Journal

Traduzione a cura di:
Marco Liguori
Traduttore e Adattatore
Napoli